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  • Ma quanto costa mantenere un immigrato?

    1. costo degli immigrati ed espediente

    Ecco che le spiego il mio perché. Il perché inizio a scrivere questo che dovrebbe chiudersi entro martedì.

    Di fatto tutto nasce da un fraintendimento, ma il tema del discutere è reale e preoccupante.

    Si può sperare di avere ragione affermando il falso?

    Ripeti una menzogna centinaia di volte e questa sarà vera.

    Quindi si può. Ed è questa la triste realtà alla quale sono capitolato sabato scorso
    nel tentativo di difendere solo un fatto, e non una opinione.
    Tutto ciò è successo in un social network.

    Il fatto è questo. L’immigrazione ha un costo economico.

    E si vedrà più avanti che, per quel che mi riguarda, qualsiasi sia la tua opinione
    non c’è nessuna necessità di negare i fatti. Per quel che mi riguarda non c’è bisogno
    di giustificare una opinione solo perché è differente dalla mia o differente da quella
    di altri.

    Un altro aspetto è quello delle opinioni e della scelta di campo.

    È strettamente necessario scegliere un campo durante una discussione?
    Una discussione è una partita di calcio? Ci sono dei partecipanti,
    dei vincenti e dei perdenti?

    Perché tutte queste parole? Per non avere fretta, anche se devo terminare prima di martedì, credo.

    2. ragionamenti, discussioni ed educazione in rete

    Mi iscrivo all’università nel ’94, quando ormai il web è una realtà, per lo più non utilizzata, ma esistente, ideata, pronta.

    Ma trovo miei colleghi più anziani che discutono e parlano di newsgroup.

    Il newsgroup è qualcosa di più antico del web. Qui c’è una netiquette, un neologismo che vuol dire regole da seguire.

    La parte interessante della netiquette è che non è scritta e più delle volte è affidata al buon senso. In più non ci sono sanzioni per chi non la rispetta, spesso viene solo bacchettato, virtualmente. Essere educati, “polite”, è un vanto, o meglio, è qualcosa di cui andare fieri, orgogliosi. Si è orgogliosi di non offendere il prossimo. Si è orgogliosi di trattare e sviscerare gli argomenti, senza pregiudizi, senza paure e senza tabù, puoi parlare di qualsiasi cosa.
    In questa età mi interessano, tra l’altro, droghe sintetiche, i loro effetti e da dove vengono. In particolare in una delle sezioni alt.* trovo strane sintesi che parlano di miscugli che causano la morte con probabilità certa se superata la dose, e nessun effetto se il dosaggio non è sufficiente, mi chiedo come si possa valutare una cosa del genere, ma piuttosto non mi va di intervenire, decido che le droghe sintetiche potrebbero essere un po’ pericolose a volte, e comunque l’argomento per me è semplicemente troppo complesso, visto che sono un informatico. comp.* fanno al caso mio.

    C’è naturalmente IRC e superficiali discussioni sul nulla nel canale #italia, ma esistono anche altri canali.

    Per un qualche motivo i soldi buttati sulle .com non rendono. I portali falliscono.

    Ma sembra che si rialzi internet grazie ai blog e blogger. Mi pare che l’idea di un log web fosse di Telsa Gwynne, un rapporto sullo sviluppo di Linux iniziato nel 1998, ma dal punto di vista di quella che sarà la moglie di Alan Cox, uno dei principali sviluppatore del kernel linux.
    In pratica parlava di vita di tutti i giorni, un semplice diario della vita di coppia, abbastanza ironico, ma con pochi lettori credo.

    Blogger, gente che dice cosa pensa di tutto. Anche se non è strettamente necessario.

    Ci si può fare una idea della realtà grazie a chi scrive la propria opinione su fatti di cui
    non si disturba neanche di verificare la veridicità? Eppure la maggior parte parlano del nulla.

    Dal 2002 diciamo ad oggi i blog invitano guest writer, che diventano editori e si arriva a
    quello che sono oggi, sostanzialmente dei portali verticali, non molto differenti da quelli
    che hanno fallito e determinato lo scoppio della bolla di internet nel 2000.

    Ma di questo non ne so molto e non dovrei parlarne. C’è da dire che oggi, di blog come erano all’inizio rimane poco, dal 2008 Facebook arriva ad una diffusione e velocità di crescita che finisce per fagogitare le opinioni facili da scrittori della domenica.

    Mentre un twit, l’altra piattaforma social di successo, contiene spesso solo sintesi o titoli
    che rimandano ad un link in un blog o giornale. Del resto follow richiama anche l’idea di seguire link, non solo publisher.

    Il cambiamento delle regole: da newsgroup, a blog, a facebook. Ma quali regole?

    Mentre il newsgroup le regole non erano scritte ma tutti si preoccupavano che fossero rispettate, sul blog le regole a volte vengono scritte dall’autore, ma l’autore spesso è il primo a non rispettarle.

    Se provate ad esprimere una opinione in un blog di successo, supponiamo quello di Grillo, verrete insultati, ignorati, o eliminati. Non importa, ha sempre ragione il proprietario del blog, questa è la regola.

    Stessa cosa per quanto riguarda facebook. Facebook può decidere che ciò che pubblichi non va bene, e quindi cassarlo. Oppure tu, autore di qualcosa puoi decidere di non renderlo più accessibile, o di elimanarlo.

    Tu sei padrone dei tuoi contenuti, è un tuo diritto.

    Questa cosa piace moltissimo in Italia dove ognuno vuole essere padrone a casa propria, dove non è concepibile un insieme di regole comuni da rispettare, e dove nessuno vuol pagare per i propri errori, non importa se pagare vuol dire semplicemente ammetterli.

    Sono Blogstar, divi pseudo nerd.

    Si garantiscono una visibilità, forse arrivano a pubblicare qualche libro, fanno battaglie
    ideologiche o culturali.

    Basta che si legga, non importa quanto sia più o meno superficiale, la cosa deve arrivare e deve esserci un giudizio, si deve essere apprezzati oppure denigrati.

    È il trionfo dell’idiozia, ma almeno essi sanno scrivere. E in Italia non si legge altro che la gazzetta.

    La blogosfera è ampia e comprende anche blog tematici interessanti, verticali, ma vale la regola che se vuoi vendere devi interessare a tutti, della coda lunga se ne fregano, devi fare i numeri e comunque è il caso che citi le veline prima o poi.

    3. L’economia spiegata dal mio cane: domanda interna ed i conti con l’estero

    Diverso tempo fa avevo un cane, il quale mi disse che il pil non c’entra niente con la ricchezza. Ad esempio se la gente sta male acquista più medicinali, allora il pil crescerà, ma non vorrà dire che la gente sarà in salute, né tanto meno ricca.

    Esso mi spiegò che effettivamente una nazione, proprio come una azienda, ha delle caratteristiche peculiari riguardo ciò che produce, rispetto ad altre nazioni.

    Mi disse che questa era cosa buona e giusta, perché così si potevano sviluppare le potenzialità di ogni nazione, come se fosse un corpo e attore del mercato.

    Ma per far si che tutti siano felici, e che ognuno possa fare ciò per cui è portato, c’è bisogno di scambiarsi beni.

    Se ad esempio in Italia si producono molto bene le scarpe e le sedie, la maggior parte della popolazione sarà occupata in questa produzione, ma avendo bisogno di mangiare come tutti, dovrà trovare un servizio che lo renda possibile.

    Grazie al commercio, ed a delle regole comuni, è possibile scambiarsi beni dopo
    aver determinato i valori di scambio.

    Mi accennò anche che i valori di scambio potrebbero essere a vantaggio di qualche
    Stato, non perché fosse cattivo, ma perché così vanno le cose proprio per effetto
    di quelle regole comuni, che non cambiano di volta in volta (non come le regole
    dei blogger o di Facebook).

    Dura la vita, pensai. Ed esso, leggendomi forse nel pensiero, vita da cani.

    Quindi c’è una classe produttiva (che produce per l’esportazione) ed una meno
    produttiva? No, non è così. Prendiamo la scuola, come potremmo capire regole
    comuni se non impariamo prima a leggere? Capire il pensiero astratto sarebbe
    pressoché impossibile. E se ci ammaliamo, come possiamo tornare in salute?

    Una nazione di ignoranti e senza sanità pubblica presto si trasformerebbe in una terra
    di nessuno, dove nessuno ha più diritti, nessuno produce. E si tornarebbe al baratto
    e a regole tribali di successione. Ci dimenticheremo del commercio ed esportazione
    verso l’estero, e addio bilancia commerciale.

    Quindi una spesa interna è necessaria, una domanda interna è salutare, in una
    certa misura.

    Ma cosa succede se dobbiamo importare più valore (di scambio) di quanto non ne possiamo produrre? Il valore del lavoro si abbasserebbe, relativamente al valore di altri beni di consumo (quelli importati) ed in pratica la spesa al supermercato verrebbe a costare di più, la spesa media.

    La spesa costerebbe di più, relativamente agli stipendi.

    Effettivamente questa cosa sta accadendo in Italia da qualche anno.

    La produttività si abbassa e gli stipendi si abbassano.

    No, il problema non è che i ricchi spendono i soldi per le puttane, che comunque sarebbe domanda interna e molto limitata (ai ricchi), il problema nasce dai grandi numeri che determinano i prezzi.

    Detta secca presi i 2 eventi: 1. un ricco non mangia 100 cinghiali facendo salire il prezzo della cacciagione, e 2. 10mila abbienti mangiano 1/20 di chinghiale (che fanno 500 cinghiali) facendo salire il prezzo della cacciagione. L’evento più probabile è il secondo.

    La bilancia non si sposta per un ricco che paga più tasse, ma per molti poveri che lavorano 30 minuti in più, o che trovino il modo di rendere l’1% in più al giorno.

    Questo è un pregiudizio. Io mi fido del mio cane.

    4. Le nazioni e perché dovrebbero esistere

    Se proprio te lo devo direi io farei da solo. Ho la partita iva e non ho
    bisogno di lavorare con nessuno, e non ho bisogno che ci siano servizi,
    me li pago da me.

    Ma nel momento in cui io sto male cambio immediatamente idea, se la strada
    che percorro tutti i giorni è distrutta comincio a pensare che forse qualcosa
    bisogna farlo, e forse i miei interessi sono comuni a quelli di molta altra
    gente, quella intorno a me.

    Se sia giusta o meno la dimensione di nazione, o se sia meglio raggruppare
    per regioni è una discussione che forse non avrà mai termine, ma che ci
    sia bisogno di una società è fuori dubbio.

    Questo è un mio pregiudizio. Fondato.

    D’altra parte non è mai esistita storia senza società.
    L’umanità è società (come lo è la leonità o l’elefantità, probabilmente
    dal loro punto di vista, ma nessuno si disturba di chiederglielo)

    5. le culture e perché dovrebbero esistere

    Ora cosa sono le culture.
    Ieri, domenica, appena tornato a casa trovo la festa del paese, si celebra un
    santo che ha fatto cose più o meno inventate o leggende varie.
    Non importa che ci credi o meno, il bello è festeggiare tutti insieme qualcosa
    che non esiste, perché ciò che non esiste è proprio ciò che più di reale possa
    esistere. Ma su questo concetto non posso continuare troppo. Sono un tecnico.

    Se mi sposto 10 km a nord hanno un altro santo, e 20km ad est un altro ancora.
    Ognuno festeggia il suo, che è assolutamente il migliore ed il più
    bello inesistente al mondo.

    Così poi ci sono le sfide e gare di calcio tra 2 Paesi limitrofi e ognuno
    ci tiene affinché vinca quella del proprio paese, la squadra migliore.

    E se ci sono rievocazioni storiche, ognuno deve fare quella più bella ed
    inimitabile. L’unica.

    Folclore è una parola anglofona che vuol dire proprio quello.

    Ma ci sono anche modi di fare e pregiudizi tipici che caratterizzano la propria
    cultura. Si augura “in bocca al lupo” e non auguri prima di un esame, la seconda
    porta sfiga. Ma di scaramanzie ce ne sono a iosa.

    È nella naturale evoluzione umana che si potessero gestire i rapporti con un
    certo numero di pari, di coabitanti, della stessa tribù. Questo numero è limitato.
    Si parla di 100-150 in media, questo è del tutto accettabile secondo me.

    Volersi occupare di più persone è una astrazione piuttosto alienante.

    Come lo è l’analisi geopolitica, e qualsiasi cosa si occupi di questioni ad
    alto livello. Sono disumane sotto un qualche aspetto. E questa è una sensazione
    piuttosto evidente se pensi a cosa sia scegliere sul fare una guerra o sul
    come trattare il prezzo del grano. Se solo pensi che la conseguenza può essere
    morte e povertà, e che le tue decisioni possono influenzare una quantità enorme
    di gente che non conoscerai mai, capisci che questo è semplicemente fuori dal
    mondo, fuori da ciò che è riconosciuto generalemente come umano.

    Ciò non di meno siamo più di 7 miliardi di individui e non si può decidere
    singolarmente, va da se che c’è bisogno di una cultura e di differenti culture,
    c’è bisogno di identificazione, e c’è bisogno di chi sia disposto a sacrificarsi
    per esse, o comunque a combattere per esse.

    Il win-win non vale sempre, è quello che ci si aspetta e che si spera, ma a volte
    non può essere così. O comunque il win-win a volte potrebbe solo limitare le
    perdite, non evitarle del tutto. Ma se ognuno ha le proprie caratteristiche,
    allora ognuno ha le proprie esigenze, così le differenze potrebbero essere proprio
    parte di una ricetta per evitare gli scontri.

    Agli Incas non fregava quasi nulla dell’oro, non lo usavano come moneta di scambio,
    l’avrebbero ceduto per nulla o quasi. Purtroppo nessuno si è disturbato dal
    chiederglielo, e per presunzione o pregiudizio, si è preferito farli fuori, almeno
    dal punto di vista culturale.

    Questo è un mio pregiudizio. Fondato.

    6. le differenze e il razzismo

    E io quando sento parlare di razzismo (o antirazzismo) mi incazzo. Ecco.

    Un movimento culturali su basi pseudo-scientifiche (le peggiori) che presuppone
    una classificazione delle razze umane che parte forse dalla fisiognomica e così
    via in avanti sopra assunzioni traballanti.

    In pratica si teorizza una differenziazione raziale basata sul colore della
    pelle o la forma del naso o della fronte o della testa. Per di più differenze
    fisioniomiche impercettibili se non fosse per il continuo riverbero culturale
    antirazzista.

    E proprio per questo l’antirazzismo mi disturba.

    Sotto qualche aspetto è uno sdoganamento di quelle teorie di cui si evita
    spesso di parlare per vergogna, avendo portato nella storia ai più nefandi
    crimini contro l’umanità (nel senso di non inumanità)

    Attualmente vivo per 2 settimane al mese a Francoforte sul Meno. Le persone che
    incontro hanno dei visi molto variegati, ma la cultura è quella tedesca.

    Nei primi periodi questa cosa la vedevo strana, vedevo strano che riuscissi
    a distinguere tra tedeschi veri e ospiti/immigrati. Ma quello che non dovrebbe
    stupire è che non baso la distinzione sul colore della pelle, intendo dire,
    riesco a distinguere se una persona è tedesca o no da come si muove, da
    come si comporta, da come si relaziona, e il colore della pella e la forma
    della fronte non c’entra assolutamente nulla.
    Probabilmente tra tedeschi notano la differenza tra un bianco e un nero, ma
    da fuori, io personalmente non distinguo il grado di tedeschità più o meno
    maggiore, per me sono tedeschi alla stessa maniera.

    Quindi chiaramente io sono italiano, sono un immigrato, sono diverso.

    Ecco, posso anche avere il colore della pelle uguale a quello di un tedesco,
    ma sono diverso, sono un immigrato o sono un ospite.

    Non sono tedesco. Ma non mi verrebbe mai in mente dare del razzista ad un
    tedesco perché mi vede come diverso, perché evidentemente lo sono, poi su
    questo aspetto c’è un problema di cui parlo più avanti, e non so se ne
    sarò all’altezza, visto che è un argomento molto delicato.

    Essere antirazzista è un vanto che un valore nullo. È come dichiararsi
    umano, o vantarsi di saper far di conto. Ok, forse è l’esempio sbagliato,
    a 8 anni te ne vanti, ma poi che vanto è?

    Come dire: sai le capacità funzionali, intellettive emotive e di
    autodeterminazione caratterizzano la razza umana senza distinzione di colore
    della pelle o caratteristiche fisiche.

    Ah già? Sai tu che la Terra gira, e questo spiega il sorgere e tramontare del
    Sole.

    Dialogo surreale? e per quale motivo troppi ci tiengono a specificare di essere
    antirazzisti allora? e come pretendono di non essere irritanti?

    Per questo motivo vado a rileggere Il processo di Kafka, credo sia in tema.

    7. Costo culturale di un’invasione di popoli

    Una nazione non accetta un gruppo consistente di assemblamenti di altre
    culture all’interno del proprio territorio.

    I problemi sono anche di tipo economico, la terra appartiene al popolo
    che la abita, ossia il popolo ha il diritto di pretendere lo sfruttamento
    della terra che ha ricevuto come eredità.

    I problemi sono di tipo culturale, cioè differenze di tradizioni.

    Ad esempio se io partissi da qua con 100 di miei sodali italiani e
    mi trasferissi in una campagna francese, creando una mia comunità,
    dopo aver acquistato il terreno e iniziassi a celebrare le mie feste
    tradizionali nel Paese che mi ospita, escludendo gli abitanti della
    zona, allora saremmo visti con sospetto e diffidenza. È il minimo
    che possa succedere.

    Questi attriti hanno un costo sociale che prevede quanto meno una
    maggior spesa nella sicurezza. (ancora costi interni)

    Se poi le tradizioni culturali del Paese di provenienza sono
    addirittura pratiche illegali nel Paese ospitante la cosa diventa
    complessa, quindi va gestita con tatto, con gente esperta, gente
    che si aggiorna continuamente, che lavora, che va pagata.

    Dire che l’immigrazione non è un costo è semplicemente falso.

    Non poter parlare di differenze culturali perché altrimenti si
    è automaticamente razzisti, è semplicemente assurdo.

    Se è vero che la diversità ci arricchisce, bisogna prima
    ammettere che questa esiste, altrimenti non sapremmo riconoscerla,
    non sapremmo rispettarla, e non ne potremmo mai trarne vantaggio.

    È anzi ignorare le differenze la strada più breve per l’incomprensione.

    Pretendere o assumere di capire qualcuno di diverso, prima ancora
    di averlo ascoltato, è da arroganti e presuntuosi.

    Purtroppo questo è l’atteggiamento tipico dell’italiano medio,
    che sia per aiutare o per bruciare un barbone. Quel che conta
    è cambiare qualcosa che non ci piace, non importa capire,
    ed accettare è del tutto fuori discussione.

    Questo è un pregiudizio. Fondato.

    Del ROI parlo più avanti.

    8. chi spinge all’invasione: gli spingitori dei profughi

    Ora siamo a Settembre 2015, il 14, poco dopo l’anniversario della
    tragedia delle torri gemelle. Non meno tragedia di tante altre tragedie.

    La cosa fastidiosa è il fatto che, piuttosto che curare le cause della tragedia,
    la ricetta (o reazione) degli americani è stata far sì che queste
    cause siano aumentate, sfruttare la tragedia per imporre un controllo
    a tappeto su tutti, zittire qualsiasi voce contro, limitare le libertà,
    ed aumentare la violenza.

    Del sabato scorso un articolo parla del numero di guerre in diminuzione,
    ma anche del numero di guerre civili in aumento. È un articolo di un
    americano. Per lo più loro incolpano i russi per un paio di guerre
    civili. Le altre cadono dal cielo, come i soldi per finanziare l’ISIS.

    Difficilmente qualcuno spiega con lucidità cosa sta accadendo ed è
    accaduto. Alberto Negri è uno di questi.

    Così vieni a sapere che (ok conta sempre il denaro, il petrolio, e
    soprattutto il grano), sunniti e sciiti vivono uno scontro culturale da secoli
    (uno di quelli che nessuno tra i buonisti vuole ammettere possa esistere),
    e che nella partita (religiosa), i giocatori sono Sauditi, Siriani,
    Iraniani contro Turchi, Iracheni, e ISIS.

    Ovviamente ci sono gli Israeliani che sono sempre da lì, uno contro
    tutti, che religiosamente parlando si sentono superiori, il popolo
    eletto, quindi non sono razzisti, hanno delle regole precise con
    le quali si diventa ebreo: devi nascere da una donna ebraica.

    Quando si dice “te le cerchi tutte per essere odiato”, eppure non c’è
    nessun problema nell’accettare strane comunità chiuse, come i mormoni,
    il problema è il solito: soldi, territorio, potere, cibo.

    Ma l’identità è data dalla cultura (o religione).

    Questo è un mio pregiudizio. Mi fido di analisti come Negri, sembra
    convincente e non vedo perché indagare di persona (è anche piuttosto
    pericoloso credo)

    9. l’Europa oggi e ieri.

    L’Europa è un continente cristiano. A me dispiace dire questa cosa,
    infondo del tutto ininfluente, ma obiettivamente la maggior parte
    della cultura è cristiana, non cattolica romana, ma cristiana sotto
    qualche aspetto sì.

    Che tu vada da Dublino ad Agrigento, che tu vada da Lisbona a
    Moskov, l’Europa è cristiana. Ortodossa, anglicana, cattolica,
    evangelista, luterana, ne abbiamo per tutti i gusti, ma per il
    90% riconoscibile come cristiana.

    Ancora qui si fanno battaglie di principio ed ideologiche, ma è la
    realtà, come è possibile dire che le percentuali non valgono nulla?

    Io sono ateo, e questo mi disturba, ma come posso negarlo?

    Posso negare l’esistenza di un dio, ma non l’esistenza dei
    credenti, e mi basta fare la conta per valutare che l’Europa
    è cristiana. Non ho motivi per metterlo in dubbio.

    Non posso neanche addurre il fatto che i cristiani non rispettino
    i loro stessi precetti, forse è proprio quello il modo col quale
    si è cristiani, non essendolo io non posso escluderli dalla loro
    stessa comunità.

    A loro piace essere giusti, i più giusti.

    Di qualsiasi religione si parli, i suoi adepti pretenderanno di
    essere i migliori, e questo è un punto comune umano, essere migliore
    degli altri, quindi più meritevoli, quindi fare male agli altri
    è sempre preferibile che fare male a se stessi

    L’Europa è un insieme di Stati, un insieme di identità differenti.
    Culturalmente differenti.

    Un italiano è più simile ad uno spagnolo od ad un greco, ma siamo
    comunque diversi. Anche considerando la religione, tra spagnoli ed
    italiani, entrambi cattolici, non si è cattolici alla stessa maniera.
    Poi con i greci, che per lo più sono ortodossi, è come far parlare
    sciiti con sanniti.

    In Europa c’è un mercato comune, e quindi c’è naturalmente dialogo.
    Questa cosa esiste da almeno 70 anni, ed è ciò che ha garantito la
    pace.

    Il dialogo non è sotterrare gli argomenti e le differenze, ma
    esprimere più o meno chiaramente i conflitti di interesse e riuscire ad
    avere una base di convivenza.

    Il dialogo prescrive anche una serie di regole comuni da rispettare,
    accordi che vanno sottoscritti e rispettati, e sanzioni per chi non li
    rispetta.

    Questo è un pregiudizio. È basato su numeri.

    Questo territorio è di chi lo abita, di chi, dopo accordi che salgono
    indietro nel tempo, tra guerre, conquiste sociali, e a volte anche sotterfugi,
    l’ha ottenuto e non è tenuto a cederlo perché è un principio morale
    stabilito da qualcuno.

    Sono cose che si rispettano all’interno di una società e non è
    socialmente accettabile il mettere in dubbio la proprietà e i
    diritti acquisiti.

    Nel diritto internazionale la conquista del territorio è una modalità
    per potersi rivalere dei diritti su di un territorio. Di fatto le
    istituzioni sono tenute a tranquillizzare ed assicurare, in tutti
    i modi possibili, che i migranti siano rifugiati o ospiti (ed a classificarli),
    che non abbiano mire di conquista, che siano disarmati, riconosciuti,
    identificati e riconoscibili, e che ci si assicuri che non commettano crimini.

    E l’essere specialmente sorvegliati è del tutto naturale.

    Io lavoro con partita iva in Germania. Le mie fatture devono allegare sempre
    un documento che giustifica il compenso descrivendo il lavoro che ho svolto.
    E comunque il VIES è uno strumento di controllo che assicura che non vengano
    fatte triangolazioni su capitali per poter evadere o fare altre giochi
    finanziari poco puliti.

    10. E la Germania improvvisamente a braccia aperte. Premessa.

    Premessa importante. Dicevo che non so se ne sarò all’altezza ma proverò
    comunque.

    Prima di tutto vorrei riportare un paio di fatti successi questa
    estate.

    Siriani e migranti arrivano in Germania numerosi, almeno a partire da marzo,
    per questo sono stati disposti centri di identificazione.
    La cultura tedesca è piuttosto semplice, cioè necessita di essere
    precisa, così riescono a gestire le cose. Quindi se qualcuno arriva
    nel territorio tedesco, esso deve essere identificabile, se non lo è
    viene trattenuto per un tempo che va da poche ore a qualche giorno
    (dipende dall’affluenza e dal carico di lavoro)
    durante i quali gli viene assegnata una identità, ed un documento di
    identificazione che deve portare con se, altrimenti subisce una
    sanzione o altri controlli.

    I tedeschi non sono violenti, ma sono molto precisi, sorridono raramente,
    e risultano molto noiosi il più delle volte. È un loro modo di essere.

    Non hanno molti problemi nell’ammettere di essere poco ironici, sono così
    e gli sta bene.

    Succede intorno a luglio/agosto che un richiedente asilo o immigrato,
    prova a fuggire prima di essere identificato, e questa cosa non è ammessa.

    Un polizziotto per bloccarlo spara 5 colpi di pistola addosso al malcapitato.

    Fortunatamente non lede organi vitali, ma questa reazione sciocca tutta la
    Germania. Die Bild, giornale popolare, e populista da eco alla
    notizia e pubblica il filmato.

    Una reazione eccessiva ad un comportamento non previsto, forse
    comprensibile, ma eccessivamente violenta. Avrebbe potuto ucciderlo.
    Ed era assolutamente innocente, non era neanche tenuto a conoscere
    le regole, nessuno aveva avuto ancora il tempo necessario per potergliele
    spiegare. Qualcosa che ad un tedesco disturba seriamente.

    Di episodi e raggruppamenti neonazzisti in Germania negli ultimi 20
    anni, purtroppo, ne succedono con frequenza oscillante. Nei giorni a seguire
    un neonazzista ha richiamato questo fatto, con cose irripetibili.

    Questo è un allarme serio.

    Ci vorrebbe un tedesco per spiegare questo sentimento.

    Io sono ospite a Francoforte di un collega. In casa sono appesi quadri
    dipinti da lui e suo fratello durante gli anni scolastici. Sono teschi
    di bestie morte su paesaggi desolati. Più o meno sempre lo stesso tema.
    Morte. Sono di animali strani, bestie, forse immaginarie, mostri.
    Teschi neri di mostri morti su un deserto desolato e qualche pietra
    vicina.

    Non ho fatto domande sul perché disegnassero certe cose, e perché sempre
    quelle.

    Cosa successe 80 anni fa e più non è qualcosa dalla quale possono
    togliere lo sguardo facilmente. Quella è la loro terra e quello
    successe esattamente li sotto i loro occhi. I loro padri vivevano lì
    e finzero di non sapere cosa accadeva veramente, e non chiesero.
    Il loro rapporto col leader fu amore incondizionato, amore per la poesia
    della perfezione, amore per speranza e la bellezza, come una specie
    di ipnosi collettiva. Ipnosi dalla quale si svegliarono divisi in due
    popoli. Passarono anni, un processo, le elitte ammisero i propri errori,
    e fu doloroso. Il popolo continuava a dirsi innocente, e da una parte e
    l’altra della Germania ci sono stati movimenti culturali per
    far sì che il popolo prendesse coscienza di questo.

    I tedeschi non credono veramente di aver vinto questa battaglia.

    Certamente nelle scuole ed ai bambini questo è insegnato.

    Ed è insegnato ad elaborare un lutto, uno sbaglio, al prendersene carico
    e pagare il giusto.

    Genau. Si scherzava pochi giorni fa sulle espressioni tipiche,
    noi italiani se siamo daccordo con qualcuno diciamo “vero”, essi
    “genau”, esatto. No. noi italiano non potremmo mai dire esatto,
    noi non siamo esatti.

    Ma ci si lamenta dell’analfabetismo funzionale, proprio come qua,
    e come questo rende difficile far sì che la gente decida con la propria
    testa, dopo aver capito. Il giornale più diffuso è Die Bild,
    perché è pieno di immagini.

    Con il mio collega posso parlare della strategia di guerra di Hitler,
    ma evito di citare la Shoa o qualsiasi cosa la riguardi

    11. E la Germania elabora un piano.

    Bisogna fare qualcosa. Una sequenza di eventi che spaventano,
    un appello di una giornalista tv allarmata per il neonazzismo,
    e una invasione di profughi dall’estero.

    Avere paura del diverso è umano e deve essere gestito.

    Anche l’orgoglio è umano e può giocare a vantaggio. Così si
    prova a richiamare l’orgoglio dell’ospitalità tedesca.

    Qui c’è da specificare che, ragionando come popolo, un
    tedesco si ritiene ospitale se il suo governo fornisce un
    alloggio ad un ospite, per loro è come se l’avessero fatto
    loro. Cioè non è che tutti si occupano di dare da mangiare
    alle mense dei poveri, non c’è bisogno di azione diretta per esserne orgogliosi.

    Anzi non tutti sono daccordo, ma comunque sembra una buona idea.
    Questo tiene calmi i disordini, ed è un primo punto.

    Ora la Germania è per lo più terra di immigrati turchi, sunniti quindi.

    Stanno arrivando siriani, sciiti quindi e la cosa interessante sarebbe
    stimolare un dialogo culturale tra le 2 fazioni.

    Anche la Francia si sta muovendo in questa direzione, dibattiti pubblici
    e moderati.

    Questo può avere un ritorno in termini culturali, tutto è show, ma non solo.

    Si tratta di capirsi, di capire come si è diversi, e di rispettarsi.

    Ma si tratta anche di vendere, libri, biglietti per partecipare ad incontri
    culturali, conferenze.

    Ma si tratta anche di contaminarsi, avere nuove idee, riconoscere differenze
    ed esserne ispirati.

    12. I costi culturali di un’invasione. ripresa.

    Quanto costerebbe all’Italia fare qualcosa del genere è difficile da dirsi.

    Il problema è che a livello umano potremmo anche andar forte, ma dal punto
    di vista marketing zoppichiamo di brutto su questo aspetto.

    Per esempio se dovessimo parlare del fascismo ad un visatore della nostra
    terra, cosa diremmo?

    Preferiamo passare per ignoranti, forse meglio così.

    13. Il debito pubblico col nostro passato.

    Questo dovrebbe averci pensato Pansa a parlarne, però lo vorrei richiamare
    anche perché vorrei far notare che siamo stati alleati della Germania durante
    l’ultima guerra, e non è vero che non avevamo scelta, avremmo potuto scegliere
    l’altra alleanza.

    Ed è altrettanto vero che oggi siamo alleati degli Stati Uniti d’America, e
    non è affatto vero che non possiamo scegliere, potremmo scegliere di stare
    con la Russia, o con gli altri Paesi Europei, potremmo essere degli USE o
    robe del genere, potremmo avere una politica comune, oltre che un mercato.

    Potremmo decidere di non firmare il TTIP e farci semplicemente i fatti
    nostri con la Cina, o con altri Paesi emergenti ed ormai emersi.

    Il problema più grave è non ammettere gli sbagli. E camuffare la realtà.

    Ad esempio se succede che un tipo va dalla sua ex e la trova con un altro,
    si arrabbia e gli da quattro schiaffi per gelosia. Viene arrestato ai
    domiciliari. Allora lui si lamenta di essere sempre stato corretto ed
    aver fatto un piccolo sbaglio e non gli piace essere dipinto
    come un mostro. Decisamente non vorrebbe pagare tanto e non vorrebbe che
    tutti lo sappiano.

    Ad esempio se qualcuno non da la precedenza ad uno stop e causa un incidente
    farà di tutto affinché non gli vengano tolti i punti dalla patente e non gli
    venga sospesa.

    Le pene non sono accettate, non siamo educati a farlo.

    E più si va avanti più si ritiene che non è colpa nostra, le scuole insegnano
    che la colpa è dell’insegnante, per di più precario/a, e quindi frustrato
    che sfoga la propria situazione sugli alunni.

    Ciò che manca è il rispetto per il prossimo, il rispetto per il lavoro,
    e il rispetto per le cose. Rispetto per le cose in quanto frutto del lavoro.

    È troppo stupido non fare questa considerazione. Come tieni in mano uno
    strumento di un altro?

    Come giudichi il lavoro altrui? Quanto merito sei disposto a concedergli?

    Quanto sei disposto a pagare per il suo lavoro?

    Quanto lo valuti buono ed efficace rispetto al tuo?

    Quanto sei capace di farlo fruttare?

    Quanto sei capace di accettare che un capo, una posizione dirigenziale,
    merita un compenso maggiore?

    Che nessuno debba essere sopraffatto è una conquista alla quale non
    rinunciare, ma che non ci sia nessun rispetto per il lavoro altrui
    è qualcosa del tutto evitabile, se non sconveniente.

    Questa ed altre sono le conseguenze del non riconoscere il nostro passato.
    Veniamo al ROI. Investimento appunto, soldi spesi, ma con quali prospettive?

    Metterci a parlare di Sunniti vs Sciiti ignorando di essere italiani?

    Abbiamo un debito in quanto continuiamo a voler far a meno di essere colpevoli
    almeno quanto i tedeschi di essere stati causa e complici degli orrori compiuti.

    E non volendo pagare questo, non elaborando un lutto, la nostra cultura
    ha una perdita continua.

    Sono passati 80 anni. La Repubblica è fondata sui valori dell’antifascismo,
    anti qualcosa che prima eravamo tutti. Tutti iscritti al partito fascista.
    Altrimenti non potevi far nulla. È l’argomento. Ma non vale un bel nulla
    come argomento.

    Questo è il Paese del Sole. Chi ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato.

    Ed è proprio con questo atteggiamento leggero che abbiamo fatto salire
    famiglie sui treni che partivano per la Germania. Con un po’ di paura,
    ma girandoci dall’altra parte.

    Noi non abbiamo il livello culturale né la maturità sufficiente per accogliere
    una sfida cultura del genere, forse ce l’ha lei che risponde dalla spiaggia
    con LOL, e portando a paragone le lezioni del proprio cane, ma il resto
    del popolo italiano non credo proprio sia in grado di sostenere questa
    cosa.

    L’unica contaminazione che possiamo permetterci è quella dell’arsenico
    nelle acque potabili.

    È impensabile una contaminazione ed una crescita culturale.

    E dal punto di vista economico non è più tempo di forza lavoro, di braccia
    per l’agricoltura. Non è più la fonte di ricchezza principale, non c’è
    speranza di competere su questo avendo a disposizione un territorio piccolo
    e per giunta mal gestito. E non parliamo di produzione industriale che per
    di più è meccanizzata.

    Questo è un pregiudizio, basato sull’osservazione.

    14. A me per esempio (cultura, c’è niente da dire?)

    Così c’è niente da dire? A livello culturale intendo.
    Ecco se rispondo a qualcuno dicendo che una affermazione è falsa,
    succede che che quel qualcuno affibbia a me delle opinioni, che io
    non ho espresso. Chiamandole pregiudizi, per giunta.

    Etica è qualcosa che mi interessa.

    Ad esempio l’umanità e i diritti.

    Ogni uomo ha dei diritti intoccabili. Questi sono principi, scritti
    su di una carta internazionale. Ma è possibile uccidere altri uomini
    dichiarando guerra tra Stati.

    Ci sono accordi sempre discutibili. A livello macroscopico non vale
    affatto ciò che vale nel particolare.

    Spesso l’interlocutore di fronte a tali ragionamenti barcolla
    dicendo che non ha senso.

    Purtroppo di senso ne ha, e volenti o dolenti la guerra fa parte
    della storia e del presente, e non è affatto vietata.

    C’è si la coscienza del fatto che sia dolorosa, e quindi viene
    per lo più evitata fortunatamente.

    Se si parla poi di senso di giustizia, quello che vale in un particolare,
    può non valere in un altro particolare, non c’è una giustizia planetaria
    con diritti personali universalmente riconosciuti.

    In alcuni Stati la droga è vietata, in alcuni lo sono le unioni tra persone
    dello stesso sesso (non capisco perché le altre dovrebbero essere tristi,
    quindi mi rifiuto di chiamare gay le une e non le altre).

    In alcuni Stati è ammessa la poligamia, spesso solo maschile, in alcune
    culture non si sente il bisogno di scrivere un codice, gli sbagli si pagano
    con quattro schiaffoni, e le divergenze si risolvono con le bastonate.
    Ecco, queste culture non sono molto complesse, è il prezzo da pagare.

    Nelle culture complesse l’obiettivo sarebbe quello di codificare tutte le
    libertà che il livello culturale è pronto ad accettare, di modo
    da poter regolare le divergenze in modo chiaro pur rispettando il livello
    di libertà raggiungibile da quella cultura.

    Io per esempio credo che il livello di libertà raggiungibile da una
    cultura come questa permetta ben poco, e non credo si possa codificare
    per libertà che al livello sociale non sono tollerate, in caso di
    divergenze si ricorrerà comunque al bastone, perché il codice semplicemente
    non è accettato.

    Se si parla di diritti dell’individuo, viene poi da chiedersi cosa sia
    un individuo, e perché abbiamo diritto noi umani e non i pesci,
    mi vengono in mente proprio i pesci perché tipicamente non parlano.

    Ma allora un muto ha forse meno diritti di una persona con capacità di parola?

    Evidentemente non deve essere questa la ratio con la quale si distingue.

    (barcolla? mi segue?)

    Però un pesce viene mangiato.

    Ma le balene andrebbero protette. Perché sono poche e sono in estinzione.

    Anche tigri, leoni ed elefanti sono in via di estinzione.

    Da questo punto di vista chi andrebbe meno protetto come razza sarebbe proprio
    l’essere umano, che però ha scritto la carta universale dei diritti umani,
    non dei diritti dell’individuo. Furbi noi.

    Ma dal punto di vista macroscopico, inumano (necessariamente, detto sopra),
    è veramente necessario preoccuparsi della morte di 2 milioni di siriani?

    È davvero una tragedia? Umana lo è, ma è una tragedia per l’umanità?

    Questa domanda è ambigua, si parla di umanità contrapposta all’inumano, cioè
    al poco compassionevole, e si parla di umanità come razza. Ma quello che mi
    chiedo è se sia veramente una tragedia per la razza umana perdere qualche
    milione di individui a causa di una guerra, in vista dell’aumento demografico
    che ha conseguenze catastofiche evidenti.

    Eh, non è che possiamo spegnere tutti il pc e risolviamo, stiamo consumando per
    4 pianeti, non è un modo di dire, non è allarmismo. Sono valutazioni scientifiche
    obiettive, evidenti ed inequivocabili.

    E non si tratta di salvare il pianeta, si tratta di salvare gli abitanti,
    non tutti, del resto si muore prima o poi.

    A qualcuno potrebbe venire in mente anche di organizzare una guerra planetaria
    permanente in stile 1984. Il progetto degli americani neocon.

    Ma l’altro dubbio è: quale umanità finiremmo per salvare? quella umana, o
    quella inumana? Mi viene in mente Così parlò Zarathustra quando parla agli
    uomini saggi ed equilibrati (vestiti di bianco o robe del genere).

    Quale umanità salvare, e come?

    Non potremmo salvare quelli del “crescete e riproducetevi”, sarebbero altamente
    pericolosi.

    “C’è abbastanza cibo per 9 miliardi di persone”. Questa affermazione è un mero
    calcolo basato sull’idea che si possa coltivare tutte le terre, che la dieta
    sia per lo più vegetariana e frugifera (all’80%), che tutti accettino questo
    tipo di dieta, che ci sia spazio solo per animali da allevamento, ossia per
    nutrirsi. Nessuna balena, niente delfini, mari con ecosistemi sotto controllo
    numerico, nessun leone/elefante/serpente/scimmia, ciò che non si mangia è un peso.
    Non un pianeta, un orto con acquario.

    Questa situazione non potrebbe (non potrà) essere mantenuta per molto, i batteri
    sono la forma di vita più antica e ciò che sopravviverà comunque, come i virus.
    Le azioni per contrastare la diminuzione di produttività dovuta da virus
    sono per lo più la mutazione genetica delle sementa.

    La critica alla teoria catastrofica Malthusiana si basa sull’assunto che
    la necessità è la causa dell’ingegno. Putroppo la quantità di energia
    che arriva dal Sole sulla Terra è quella che necessita per sopravvivere.
    E questa non aumenterà. Non è possibile chiedere una fornitura maggiore.

    Forse pregando, chissà.

    15. Qualcuno mi ha chiesto perché lavoro in Germania …

    Ecco, perché voglio anche dire che non sono emigrato e non è una scelta politica,
    non odio l’Italia. Lavoro per una azienda tedesca a distanza da almeno 7 anni,
    quest’anno ho deciso di fare un passo in più, di entrare più nelle logiche della
    ditta e capire meglio su cosa stessi lavorando. Credo di aver fatto una buona scelta.

    Non è che in Italia non si possa lavorare, ma la gente con la quale ho lavorato
    con più continuità ad un singolo progetto abbastanza complesso ed interessante
    sono loro, xWave di Frankfurt am Main (e Stutkart in parte).

    Quel che ho trovato a Francoforte immediatamente è stato il freddo. Sono arrivato
    a febbraio ed era freddo e buio, mi stavo allenando per la maratona di Roma e dovevo
    uscire con -4 o robe del genere, ma spesso 2 o 3 gradi sopra lo zero.

    Non capivo niente. Tenevo la tv dell’albergo accesa tutto il tempo per cercare
    di abituarmi al suono della lingua.

    Ma al lavoro mi sono trovato benissimo. E quindi decido di rimanerci.

    Per ora lavoro a progetti, potrei forse anche accettare un’assunzione, non so,
    credo dipenda dalla retribuzione e da quanto e quando potrei imparare il tedesco.

    16. Vorrei chiedere.

    Tutto quel che scrivo sono io e lo penso. Potrebbero essere pregiudizi, nel senso
    che ho elaborato questo mio punto di vista col tempo, ma non capisco come tutto
    ciò possa essere meno rispettabile di qualsiasi altra opinione, elaborata anch’essa
    col tempo, suppongo, e non buttata là come la prima cosa che viene in mente.

    Molte cose vengono da sensazioni, non da dati esatti. Credo che una delle potenzialità
    umane più rilevanti sia approssimare, fare delle assunzioni, generalizzazioni.

    Anzi credo che avere pregiudizi permetta di ragionare più velocemente ed arrivare
    al punto più rapidamente. Ovviamente non ci sono cose che non possono essere toccate,
    riguardo ai pregiudizi tutto può essere messo in discussione. Ma mettere in discussione
    prevedere l’indicare un punto e discuterne.

    Il mio problema comunicativo sta nel fatto che gli assunti altrui sono per lo più
    sconosciuti a me.

    Non trovo nessuna differenza tra assunto e pregiudizio. Ma capita che uno abbia una
    connotazione positiva o neutra, l’altro sia spesso negativo.

    Ma per quanto ne so, libero da ogni morale, trovo che da diversi punti di vista a volte
    il bene si tramuta in male e viceversa.

    Quindi dal punto di vista del ragionamento, semplicemente e logicamente parlando, hanno
    lo stesso valore. Cosicché sarà più semplice cambiare un assunto, piuttosto che un
    pregiudizio. Perché il pregiudizio trascina con se la colpa da ammettere ed espiare.

    Io non voglio e non devo espiare un bel nulla.

    Se sbaglio un assunto e faccio un ragionamento sbagliato, non ho causato l’estinzione
    di una colonia di pappagalli tigrati del madacascar, ho semplicemente fatto un ragionamento
    sbagliato che posso correggere.

    Quindi se parlo con qualcuno assumendo che sia uno stupido, non ho nessun problema
    (e non devo andare in chiesa e fare successiva penitenza) nello scoprire che non lo sia,
    e per di più non provo vergogna per la mia assunzione.

    In linea di massima preferisco discutere piuttosto che causare l’estinzione della solita
    colonia di pappagalli tigrati, di cui potrebbe non fregarmene nulla, ma ci sarà di sicuro
    un qualche gruppo per la difesa dei pappagalli tigrati del madacascar, probabilmente nel
    Belgio del sud, dove sono molto sensibili a questo argomento.

    Per di più io non ho una opinione chiara e decisa su cosa sia giusto per il futuro
    dell’umanità, della nazione, del popolo, dell’economia, della cultura, etc.

    Non mi ritengo all’altezza forse, o non mi piace proprio averla.

    A me per lo più interessa capire quale strada prendere per divertirmi il più possibile,
    e non posso tener conto di tutte le conseguenze.

    Non voglio neanche mettermi nella posizione di avere un ruolo che richieda di
    decidere inumanamente. Ma per questo non evito critiche a chi lo fa.

    Vuole sapere come la penso?

    Credo che la cosa che più la infastidisce e il non riuscire a capirlo.

    Il fatto è che ragionando con dei ragazzini sai cosa potrebbe tirare fuori.

    Ma io sono merce altamente contaminata, posso rigirare il punto di vista e cambiare
    completamente idea, non importa. Non mi identifico con ciò che ho detto 2 righe sopra,
    e non ho neanche necessità di avere ragione. Ragiono. Localmente nei micromondi presi
    in considerazione, trovo consistenza. Poi sposto i pesi, e la cosa si perde.

    E tutto non ha più senso, ma ha senso il contrario

    Quel che certamente è fastidioso, sono gli insulti, ecco questo è offensivo.

    Ma evidentemente è meglio che torni ad occuparsi dei suoi pargoli a stati finiti,
    quelli che di idee ne hanno evidentemente un numero limitato e sono capaci di scegliere
    uno dei 2 campi, quelli che sono completamente daccordo con te, quelli che noi, e gli
    altri.

    Insomma, ci siamo capiti, o voti a destra o voti a sinistra. E niente si mette in dubbio.

    Ci sono 5 punti fermi da usare per zittire i razzisti. Questi non sono pregiudizi,
    non sono assunzioni. Sono punti fermi ed indiscutibili. L’averne cambiato il nome ha
    cambiato la loro natura. Sono assiomi. Quindi a seguire delle tue affermazioni potrai
    trovare solo teoremi coerenti alla data assiomatizzazione. E questo è il motivo percui
    ammetto di aver sbagliato a voler intervenire, e per questo motivo ho eliminato le mie
    considerazioni. L’avrebbero inquinata.

    Le regole sono ben delineate se sgarri sei razzista e sei fuori. Denigrato e insultato, esposto alla pubblica onta. A questo la risposta di un sonoro rutto, è tutto quello che posso fare, chiedendo scusa e dicendo che non è diretto a lei, ma ai suoi modi codardi con i quali cerca di mantenere alta la propria autostima, che evidentemente non ha altri appigli che non una supposta superiorità intellettiva.

    È esattamente questo il tipo di persone che nobilitano (non solo riabilitano) un Salvini o un chiunque esso sia. Anzi, Salvini riesce giustamente ad avere la meglio con semplicità semplicemente attaccandosi a verità riconosciute.

    http://blog.openpolis.it/2015/09/14/pubblicato-il-minidossier-di-openpolis-immigrazione-il-giorno-dopo/