“La Germania è un bel Paese, ma l’Italia è meglio” – Blondie, Bording time in Flughafen München
Beh, c’è da capire, è una frase uscita dalla bocca di una norvegese, che probabilmente parla 3 o 4 lingue, tra l’altro anche piuttosto avvenente, non posso pretenderne la correttezza.
Dalle nebbie e dall’acqua del mare spunta il naso di Poseidone che ha scelto quella costa per poggiare la testa mentre schiaccia un pisolino, da qualche millennio a questa parte. Lo vediamo da lontano scendendo con l’aero verso Falconara Marittima. Oppure è il Monte Conero, la nebbia si dirada, sì, ormai è chiaro. Riusciamo a vedere anche Ancona. E le case, e il verde dei prati e le case disordinatamente sparse sulle dolci colline.
Cos’è che fa di un Paese un Paese bello? Il clima? È probabile, forse è solo quello.
Ero abituato a lamentarmi dei miei conterranei, ma in questo momento non più. Ho smesso di controllare facebook e le futili discussioni che stanno avendovi luogo da 3 settimane. Non mi vieto di entrare nel sito, lo faccio, ma non mi incuriosisco riguardo le discussioni. Pochi giorni fa leggendo Repubblica.it vedo che il ministro Maria Elena Boschi, polemizza con un vignettista che le critica di distrarre le masse dai contenuti delle riforme con la sua avvenenza (“lo stato delle cosce”). E questo sarebbe sessista. Il mio collega tedesco vede la vignetta e dice: “umh, and so?”. Gli spiego come stanno le cose riguardo le amicizie, gli amici, i figli degli amici degli amici, e i figli degli amici. Mi ferma e dice che capisce perfettamente, è così che vanno le cose anche in Germania.
Non ammorbarmi in Facebook mi lascia concentrarmi sulle interazioni reali, quelle di cui ho veramente bisogno, e queste per uno sviluppatore software sono pochissime. Il panettiere, le/i cassiere/i del supermercato, l’addetta alla piscina di Enkenheim, i/le colleghi/e al lavoro, i clienti, la famiglia. Di come vanno le cose non mi interessa più di molto. Sto lavorando su un sistema e devo farlo andare. Ci sono degli aggiormenti da fare e dei nuovi servizi da fornire.
Non trovo neanche interessante l’idea che tutti siamo sotto controllo. Non posso farci nulla, e per di più per esprimere questo concetto dovrei entrare in Facebook e condividere in una piattaforma che raccoglie i dati per profilare gli utenti in modo tale da poter targettizzare la pubblicità , di avere informazioni più dettagliate sulle tendenze, sui prossimi risultati elettorali, e via dicendo, in maniera tale da poter vendere queste informazioni (o usarle direttamente) per trarne vantaggio nel mercato dei future, dei prezzi delle materie prime, e via dicendo. Sono cose che sappiamo, sono così, non c’è un complotto dietro, né complottisti: i servizi sono forniti da persone che vanno pagate. È così per me, è così per chi sviluppa, migliora e garantisce il funzionamento di un social network come Facebook.
E così, cosa è che rende un Paese un Belpaese? Come sono i conterranei? Chi ti tocca frequentare? Il perché si abdica alle tue scelte di tutti i giorni? Bisognerebbe trovarlo questo perché.
- Chi frequentare.
- Cosa fare.
- Quale corso seguire.
- Quale escursione fare.
- In che bar e con chi giocare a biliardo, e dove e con chi a carte.
- Che libro leggere.
- Che film andare a vedere.
- Quale concerto.
- A chi sorridere.
- Che vestiti indossare.
- Che lavoro fare.
Quali sono le libertà che mancano davvero? Perché non infrangere questi muri oleografici della propria mente? Forse passarci attraverso potrebbe dare brividi di piacere, perché avere paura? non sempre tremare vuol dire essere in pericolo.