Architettare una giusta tecnica per contravvenire alle psicosi e scatti compulsivi (*).
Ok, sì, ci sono cose irrisolte e problemi che non sono mai affrontati fino in fondo, tutti ne abbiamo, è inutile pensarsi immuni.
Ma vorrei parlare di qualcosa di più pragmatico, una abitudine che generalmente utilizzo prima di un giorno importante, diciamo una gara, ma anche un colloquio di lavoro, oppure vorrei approcciare una sconosciuta, in generale, diciamo, che torna utile.
La tecnica è rivivere l’esperienza e scaricare la tensione. Facile? Sì lo è.
È qualcosa di cui parla il Focusing (tecnica ideata da Eugene Gendlin e ben documentata), consiste nel ripensare a qualcosa di fastidioso, qualcosa che si sente irrisolta, che mette a disagio, o che non si vuole ammettere faccia paura.
Facendo degli esempi espliciti. Ripensare a qualcosa di fastidioso. Ovvero qualcosa che ci ha fatto sentire a disagio. Esplicitamente parlando è quella cosa che si chiama fare la figura del coglione. Ammettere con se stessi queste situazioni non è sempre facile, ma superato questo scoglio il rivivere il momento risolve un bel po’ di scocciature.
Non si è finito di esprimersi. Ecco, basta ripensare al disappunto e le sensazioni che ha generato.
Le paure. In auto non vedere un passante e frenare all’ultimo momento. In curva non entrare bene e sentire uscire la ruota. Oppure cadere.
Personalmente la modalità con la quale io la rivivo consiste nel distendermi su di un letto comodo. Rilassarmi per quanto possibile. In realtà non è possibile, in quanto ho qualcosa di irrisolto. Ma infondo l’irrisolto è ciò che distrae dal pensare al nulla.
Ovvero impedisce di annullare i propri pensieri e la propria stessa essenza non permettendoti di sentirti parte dell’universo e divenire infinito, eterno, nullo, assente ed essere in estasi, esattamente il pensiero irrisolto che devi rivivere e riguardare.
Così, piuttosto che scacciare il pensiero, lo rivivo e ne ascolto le sensazioni.
Il più delle volte (ovvero sempre), questo basta per farlo mio, perché mio è, il solo problema rimasto da risolvere è il non volerlo accettare.
La vedo così, c’è vita vissuta che non voglio accettare, ma è mia vita, e merito di possederla, di esserne il principe, l’artefice, l’autore, il protagonista, di questa parte della mia vita. Non conta se questa parte la ritengo censurabile. È qualcosa a cui non devo rinunciare.
Ma voglio tornare sul concetto di riviverla e rivivere le sensazioni.
Penso ci sia una sorta di filtro riguardo le figure di merda. E penso ci sia una sorta di filtro riguardo le paure. Eccetera. Ecco, questi filtri sono necessari per essere “equilibrati”. Nel riviverlo si ha la libertà di dare più spazio ad alcune sensazioni, ad alcune emozioni.
Credo, che il farlo alla lunga renda consapevoli, e addirittura persone migliori.
Cioè si riesce meglio a modulare le proprie emozioni, ad averne coscienza, e a viverle in diretta più a pieno. Anche se la cosa la faccio in modo posticipato, penso che lasci il segno.
Perché essere migliori?
Non so, credo sia curiosità . Per migliori io intendo più saggi, conoscere più cose, vedere oltre il limite. Ossia avere le idee molto più confuse. Non avere certezze, essere impavidi e coraggiosi oltre un ragionevole appiglio. Facile avere certezze quando si crede di sapere tutto, molto più difficile comportarsi come tali quando si sa di non sapere nulla. E vedere il Mondo in modo diverso è vivere un altro mondo ancora, è fare un viaggio nel quale mai ci si ferma.
(*) Riguardo agli scatti compulsivi, non ne ho mai avuti nella vita reale, ma quando applico questa cosa, rilassato sul letto, ne ho, si tratta spesso di calci dati in dormiveglia ed è molto rilassante la cosa. (ma non voglio nessuno intorno 🙂