Quarto giorno in moto. Viaggio lungo.

La moto è anche un’utilità, è un mezzo per spostarsi. Altrimenti giustifico poco la spesa.

Devo passare in banca, alla filiare di Chiaravalle.

Sono circa 50 km, e la cosa potrebbe essere impegnativa, ma la strada è facile.

Faccio l’adriatica fino ad Ancona, poi giro per Polverigi, e poi ridiscendo verso Chiaravalle.

Tutta semi collinare, qualche curva, e un paio di lunghi rettilinei.

Sul dritto vado bene, tiro su la moto a 100-120, non di più.

L’abbigliamento è quello che è, non sono un motociclista ancora, e mi accontento di mettere qualcosa che ripari il vento. Ma le mani sono scoperte, i moscerini sbattono, l’aria sulle braccia si sente picchiare (insieme a qualche moscerino).

Va bene così. Arrivato ad Ancona sbaglio rotonda, e quindi faccio un giro completo per ritornare sulla strada principale.

Percorso su rotonda molto lento. Ci deve essere una qualche qualità nell’andare lento nelle rotonde, in realtà è una questione di portanza e sensibilità. Ci sto facendo l’amore, ma ancora mi muovo malissimo. Pessimo amante direi.

La seconda rotonda è quella giusta. Così piego ed esco dalla rotonda.

Poche centinaia di metri e sono al bivio per prendere il primo rettilineo.

Non ricordo bene la strada e sono guardingo.

Rittilineo apro un po’, tranquillo.

Arrivato al bivio per Offagna, cioè alle curve sotto Polverigi, le affronto come un pensionato, molto lento. Anche uno scooter mi sorpassa. Va bene così.

Quello che inizialmente credevo mi avrebbe creato problemi, le discese, non sono per niente un problema.

Arrivo a Chiaravalle ed in Città mi muovo malino. Arrivo in qualche maniera in Banca, ed è tardi.

Fa un caldo assurdo. Fermo la moto e lascio girare un po’ il motore, per farlo freddare.

Mi fermo a pranzare lì e aspetto l’apertura del pomeriggio.

Fatto il dovuto, riparto.

Questa volta sbaglio strada, ritorno a Chiaravalle, e poi ritrovo quella giusta.

Niente male.

Il ritorno ha l’altra salita per Polverigi, c’è una leggera curva uscendo dalla rotonda.

Mi ritrovo nell’altra corsia, mentre sta arrivando un camion. Sto rallentando di istinto, ma non è il caso. Accelero e tengo la piega, ritorno nella mia corsia e vado tranquillo.

Avere parecchi cavalli vuol dire accelerare e vedere la moto drizzarsi, cioè andare dritta.

Per questo la mia ansia nel dosare l’acceleratore e nell’impostare le traiettorie.

Ansia vuol dire sbagliare: traiettoria sbagliata quasi sempre, quasi ad ogni occasione.

Ansia vuol dire sbagliare: apro troppo poco e fatico a tenere la moto su, invece che giù, cioè dritto, invece che girare.

Sto praticamente guidando al contrario.

Ma questa volta ho fatto il gesto giusto, ho “aggiustato” una traiettoria sbagliata.

Ora dovrei essere più previdente: le curve vanno anticipate, e così le traiettorie.

Questo dovrebbe darmi più fiducia, e anche “più modo” per affrontare la strada.

La moto verrà da se.

Il consiglio dell’amico “poggia su pedane e manubrio” è sicuramente utile, ma anche poggiare il ginocchio opposto al serbatoio funziona, e forse me lo trovo più adatto a me. O forse è solo una cosa da aggiungere.

Tra accelerazione e decelerazione la moto sposta il peso da dietro ad avanti. In genere dovrebbe essere un problema per la tenuta in curva, ma in realtà la moto è molto stabile, e vado talmente lento che è come se stessi sempre dritto.

Vizi e difetti

In questi primi giorni guido male, e penso di prendere qualche vizio che dovrò perdere.

Mi viene da pensare alle lezioni di chitarra classica, quando ti fanno passare mesi sullo stesso pezzo perché “altrimenti prendi vizi”. E forse non è il caso di essere così fissati sulla perfezione, alla fine se suoni suoni, poi i vizi li togli man mano che trovi difficoltà. O no?

Boh, spero di non morire per via di qualche vizio di guida.

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